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Riscopriamo insieme alcuni termini dialettali ormai dimenticati
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( La playlist contiene anche i video relativi agli eventi religiosi descritti in questa pagina)
L’Associazione di Volontariato Vincenziano, Biblioteca di Davoli, ha promosso e sostenuto degli interventi di valorizzazione del dialetto e delle tradizioni culturali del Comprensorio al fine di conservarne integra l’origine locale per poi tramandarla alle generazioni future. Lo ha fatto in diversi ambiti di attività: studi e ricerche, attività didattiche, formazione e aggiornamento, seminari e convegni; iniziative editoriali, discografiche, multimediali: costituzione di fondi bibliografici e archivi sonori; spettacoli; ricerche e studi sulla toponomastica.
Nel corso degli anni ha presentato e commentato diversi libri in vernacolo e messo in scena degli spettacoli teatrali in dialetto. Ha promosso dei convegni ben strutturati come “Dialetti…amo” o “Il dialetto ha ragione di esistere?
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‘A Naca di Davoli
Un rito religioso che si tramanda dal Seicento e si celebra ogni Venerdì Santo, a Davoli, in provincia di Catanzaro. Secondo la tradizione alle 22.00 del Venerdì Santo le vie del paese sono percorse da una processione molto particolare in quanto la statua di Gesù morto viene accompagnata da decine di abeti illuminati da lampioncini colorati.
La particolarità sta appunto negli abeti che sono carichi di lampioni illuminati ma ancor più nel fatto che sono proprio i ragazzi del luogo a preparare questi lampioncini.
Si ritrovano infatti qualche mese prima e collaborano tutti insieme alla realizzazione dei loro piccoli capolavori. Il termine ”naca” probabilmente deriva dal dialetto e in particolare dal verbo ”annacare” che vuol dire muoversi dondolando; infatti gli uomini che portano la statua avrebbero secondo la tradizione un andamento dondolante. Di questo particolare costume non si hanno testimonianze scritte che ne spieghino il significato ma sembrerebbe risalire al Medio Evo.
Una delle tante leggende tramandate dagli anziani narra che venivano utilizzate come torce delle piante spontanee chiamate ”varvasche’ e un anno la processione si svolse durante una notte tempestosa; la tempesta fu così forte da danneggiare la statua e le torce.
Restarono accese poche luci che vennero raccolte e sistemate su un abete trovato lungo il cammino. Da quel momento sarebbe nata l’usanza di appendere i lampioni sugli alberi di abete.
Tutto il paese partecipa con devozione alla naca che attira anche molti abitanti dei paesi limitrofi.
E’ importante sottolineare la forza con cui un evento del genere riesce ad attrarre molte persone diverse tra loro che magari anche solo per un instante durante il corso della processione sono accomunate dallo stesso atto di fede.
I portali in pietra
Un museo a cielo aperto
Palazzi e portali di Davoli rappresentano quanto di meglio e d'artistico il paese sia riuscito a preservare e tramandare fino ai nostri giorni in relazione all'architettura civile. Attualmente, nel Centro Storico sono stati censiti 29 portali. I portali di Davoli sono in larga parte risalenti al periodo XVII-XIX secolo. Molti presentano delle mensolette decorative che riportano la data di costruzione e ne testimoniano l'età. I portali di Davoli tradiscono una paternità serrese: stile e motivi decorativi sono sostanzialmente simili a quelli espressi dalla scuola di Serra San Bruno anche in altre zone e paesi del comprensorio jonico catanzarese. Di portali simili a quelli di Davoli (in alcuni casi quasi identici) si ha traccia nei paesi vicini e a Serra in particolare, famosa in passato proprio per i suoi valenti scalpellini. E' probabile, però, che gli esperti scultori incaricati di modellare la pietra si facessero aiutare da maestranze locali per la prima fase di lavoro, quella della sgrossatura dei conci e della riduzione in blocchi più o meno regolari e squadrati, fasi di lavoro per le quali non necessitavano competenze artistiche, ma solo abilità manuale.
A Davoli e nei paesi vicini abbondavano i cosidetti "spaccapietre", cioè maestranze incaricate di spaccare i grandi blocchi di pietra per ridurli in conci più piccoli che poi dovevano essere scolpiti dalle abili mani e dalla fantasia degli scalpellini. Gli spaccapietre non erano scalpellini, ma tutti gli scalpellini prima di essere considerati tali, dovevano dimostrarsi ottimi e capaci spaccapietre.
I portali, "Testimoni silenziosi" raccontano , ai loro stessi proprietari e a quanti non si erano accorti della loro presenza e del loro valore a storico e artistico, storie di lavoro, di eventi, di parabole familiari, di secolari attività artigianali... raccontano la Storia!
"Come uno scrigno conserva i suoi tesori e li protegge e li nasconde al fato, così ogni paese è custode del suo passato; nelle memorie, nell'aria, nelle storie, tra vicoli antichi e gloriosi palazzi, sui visi della gente e sulle labbra, ove leggi la fatica e li sollazzi, in ogni dove respiri l'anima del luogo 'e suoi preziosi di cui ogni sito s'ammanta e pur si nutre ne' suoi bei giorni silenziosi."
Fonte: "I portali di Davoli tra storia e cultura" di Felice Iezzi
Per le vie del borgo
Sulle origini di Davoli
Davoli e la sua “gemella” greca - Fra storia e curiosità -
La natura dei luoghi ha sempre avuto n ruolo determinante nella storia di Davoli: il mare dalle acque limpide e cristalline e dalle innumerevoli tonalità; gli ampi litorali di sabbia dorata; la marina ubertosa, vivicata dalla brezza marina e dal ponentino; le austere montagne, ombrose e profumate, che si affacciano sull’uno o sull’altro mare.
Nel VII secolo A.C i primi colonizzatori greci trovarono in questo territorio facile approdo, insediandosi alle foci dell’Alaca e dell’Ancinale ( il Cecino navigabile, nominato da T. Livio). Il nome di Davoli, originariamente Daulis, proviene da Daulia o anche Daulis, città della Focide, in Grecia, da dove sarebbero partiti i fondatori. )
(fonte www.comune.davoli.cz.it).
Davoli è stata effettivamente un insediamento greco nel periodo della fiorente civiltà della Magna Grecia?
La biblioteca ha effettuato alcune ricerche in rete, che riportiamo, senza alcuna aggiunta da parte nostra:
”Nell'antica Grecia esisteva una città della Focide ,chiamata Daulis e successivamente Daulia e Daulion .
Citata da Omero , si dice che prendesse il nome, o in riferimento al carattere boscoso della zona o in onore della ninfa Daulis.”
La Focide (in greco antico Phokís) è situata tra la Beozia a est, la Locride a nord e a ovest, e la Doride a ovest.
“Davleia attualmente è comune della Beozia , in Grecia . Il suo nome deriva dall'antico insediamento Daulis .
Dalla riforma del governo locale del 2011 fa parte del comune di Livadeia , di cui è un'unità comunale.
Il Comune di Livadeia è un comune della regione della Grecia Centrale che è stato istituito con il Programma Kallikratis dalla fusione dei comuni preesistenti di Levadia, Davleia, Koronia e Cheronia e la Comunità di Kyriaki.”
Una certezza: esisteva ed esiste una "gemella greca" di Davoli .
In due momenti diversi, abbiamo inviato una mail al Sindaco della città di Livadeia, di cui ora fa parte Davleia per sapere se fossero in grado di fornirci notizie circa la migrazione di coloni greci partiti dall'antica Daulis ed approdati sulle coste joniche calabresi, per poi fondare quella che adesso è la nostra cittadina.
Contiamo di ottenere un supporto da parte dell'associazione culturale "Mondo Greco" per stabilire un contatto concreto con le attuali istituzioni della città.
Posizione geografica di Davleia
Panorama dell'attuale Davleia
Il vecchio mulino ad acqua
A due passi dal centro abitato del Borgo, immerso nel verde di querce e castagni, una testimonianza ancora viva del passato e delle tradizioni: il vecchio mulino ad acqua, aggrappato al pendio scosceso che si specchia sulle acque del ruscello, che dopo averlo alimentato e fatto funzionare, prosegue la sua corsa verso i campi.
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Con i suoi meccanismi logorati dal tempo, ma perfettamente funzionanti e assecondati dalla forza dell'acqua, il vecchio mulino rievoca fatica e laboriosità, trasmettendo al visitatore forti emozioni. Vedere ingranaggi semplici quanto ingegnosi trasformare sotto ai nostri occhi i chicchi di grano in fragrante farina sembra quasi un miracolo: due grandi pietre circolari, pochi congegni in legno, la forza dell'acqua che li fa ruotare, la dedizione del mugnaio e il passato rivive in tutta la sua suggestione..
A Pigghjàta
A Pigghjàta è una rappresentazione che ricorda la passione di Cristo fino alla morte sulla croce.
Scritto da un anonimo davolese, il copione è articolato in 7 scene che, in ordine cronologico, vanno dal complotto di Lucifero all'Ultima Cena, all'Orto degli ulivi, alla cattura, al processo e infine alla morte sulla croce.
'A Pigghjàta costituisce un autentico valore di fede religiosa profondamente radicato nella cultura del popolo davolese.
La prima rappresentazione fu messa in scena nel 1938 a Piazza Gori.
Scarica il PDF del copione originale della rappresentazione del 1978