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I giacimenti di quarzo di Davoli 1933 - 1963 un trentennio di iniziative, aspettative, insuccessi Approfondimenti Cause della crisi del minerale di Davoli e l'interessamento della Camera di Commercio di Catanzaro
Nel territorio del comune di Davoli, in località Trono o “Fontana dei Monaci”, così denominata forse a ricordo dei religiosi dell’Ordine Basiliano, che verso la metà del 1500 abitarono il convento sovrastante, di cui ancora si conservano i ruderi, furono individuati intorno al 1930, dei profondi ed importanti giacimenti di minerale quarzifero. L’esistenza dei giacimenti e la loro importanza industriale furono segnalate dall’ing. Giuseppe Ronza con la pubblicazione “I giacimenti silexitici di Davoli e di Satriano”. Successivamente, il geologo Emilio Cortese mise in evidenza l’entità dei giacimenti e la rara purezza del quarzo estraibile: “La lunghezza media visibile si può assumere a 300 metri, ed il volume di quarzo della massa sarebbe dunque di 300.000 metri cubi, pari a 700.000 tonnellate. Ammettendo un esito di 30.000 tonnellate annue, si avrebbe materiale per venti anni circa, e tale durata giustificherebbe gli impianti necessari per il trasporto del quarzo alla ferrovia e le spese relative”. Utilizzazione del quarzo di Davoli La superiorità del quarzo di Davoli trova conferma nelle analisi eseguite dall’Istituto Sperimentale del di Firenze alla presenza di Guglielmo Marconi e di altri membri del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Istituto Italiano di Ottica, oltre che nelle prove di cristallo effettuate dall’ing. Franceschini della Osram di Milano che al riguardo così si espresse:” Il materiale è veramente ottimo sotto tutti i punti di vista. Si tratta di quarzite amorfa con alto grado di purezza, come raramente avviene di trovare. Tra i numerosi campioni di quarzite Italia e che ho avuto occasione di vedere, certamente è il tipo più bello…Ho fatto le prove per la fabbricazione del cristallo: dal risultato delle prove appare che il materiale è molto puro, e perciò adatto alla produzione del vetro assolutamente bianco. Migliore di quello ottenuto con le sabbie francesi." Il quarzo di Davoli venne usato per la produzione di vetro bianco comune in numerosi stabilimenti italiani e per la fabbricazione del vetro di ottica dal laboratorio di precisione dell’Esercito di Roma e da numerose cristallerie, fra le quali Venini di Murano e la Vetraria Artistica Italiana di Napoli. Il minerale di Davoli ha, poi, trovato larga applicazione nella fabbricazione delle ceramiche, delle porcellane e negli isolatori di vetro. La società Ilva lo ha adoperato per anni per i suoi ottimi refrattari silicosi, mentre la Richard Ginori ed altre di minore importanza hanno ottenuto dal quarzo di Davoli ottimi risultati. Subito dopo la scoperta dei giacimenti, furono fatti numerosi tentativi da parte dell’ing. Bruno Misefari per la valorizzazione del minerale. Ma le difficoltà esistenti, principalmente l’ubicazione periferica dei giacimenti e il processo accurato di macinazione, cui il quarzo doveva essere sottoposto, resero gli inizi molto lenti e laboriosi. Nel 1933, l’ing. Misefari, tenace assertore della superiorità del minerale, per la realizzazione del piano industriale di sfruttamento, riuscì ad interessare degli investitori svizzeri, che però, si rifiutarono di completare il finanziamento per l’ultimazione dell’impianto e all’esercizio dell’impresa. Finalmente, nel 1935 Misefari riuscì a trovare un gruppo di industriali romani che si interessarono al ‘utilizzazione del prodotto, e con questi venne costituita la SpA Davoli Quarzo e Silice con capitale di 10.000.000 di lire e sede sociale a Roma. La società iniziò subito lo sfruttamento del giacimento, dotando le cave di impianti moderni per l’estrazione del minerale. Escavatori lo estraevano dalla cava a cielo aperto, quindi il minerale veniva separato nelle diverse gradazioni ed eventualmente lavato. Dalla cava il quarzo, attraverso una teleferica lunga 3.200 metri, veniva trasportato sulla strada rotabile di Satriano e da qui, a mezzo della Ferrovia Calabro Lucana, o con autotreni della società, a Soverato Marina in un moderno stabilimento, ancora oggi ricordato come il “Quarzo”, dalla potenzialità annua di 4.000 tonnellate. Qui il minerale veniva macinato ed insaccato. Sull’arenile di Soverato la società costruì grandi platee di cemento per il deposito del minerale da avviare allo stabilimento di macinazione. La crisi del minerale di Davoli L'elevatezza dei costi di produzione e delle tariffe ferroviarie e la concorrenza internazionale furono i fattori che incisero negativamente sulla vita della società e cosi una sorgente di materia prima italiana di qualità, un giacimento di ricchezza e di lavoro, si trovò dal 1956 inattivo, pregiudicando anche e gravemente il lavoro quotidiano della numerosa manodopera dei centri di Davoli, Satriano e Soverato. Nel 1963, alcuni appezzamenti di terreno ricadenti nel territorio dei Comuni di Davoli e di Satriano, furono acquistati dalla Sibelco italiana S.p.A. di Milano, una filiale della Sibelco S.A. belga, facente capo alla casa madre Sablieres e Carrieres Rennies S.A. di Anversa. A quanto sembra, era intendimento della predetta Società, che iniziò la sua attività per la essiccazione e macinazione delle sabbie silicie, destinate alle fabbriche di ceramiche e di abrasivi e detergenti in polvere in uno stabilimento sorto a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, di provvedere allo sfruttamento del giacimento di Davoli, avviando il minerale estratto, per la macinazione, al citato stabilimento di Sessa Aurunca. Purtroppo, trascorsi cinque anni, l'attesa iniziativa non fu portata a termine e nulla potette fare l'Ente Camerale di Catanzaro giungere alla definizione di un problema di tanto rilievo per l'economia del territorio provinciale. ...Il resto è attualità Leggi altro in approfondimenti e sul nostro ebook

 

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